Argomento a me particolarmente caro perché mi riporta alla mente l’incontro a Capri, in tempi ormai lontani, con l’ing. Mario Merone, allora massimo studioso dei francobolli del regno di Napoli, erede della tradizionale scuola partenopea che fu già del principe Giovanni Chiavarello.
In quella occasione il Maestro volle, forse rilevando in me le qualità necessarie all’attento discepolo, farmi dono di un esemplare su lettera, oggi e per sempre nella mia collezione a testimoniare profonda stima per colui al quale non poco deve la mia formazione collezionistica e peritale.
Mi perdonerà il lettore per il lungo ma doveroso preambolo, mentre passo immediatamente all’argomento. Per la quasi totalità della letteratura la carta “crema” è assente e citata solo dal Vaccari (1) che riporta, per l’1 grano rosa, il 2 grana rosa lillaceo ed il 5 grana rosa la variante “carta giallastra”.
In vero, la cosiddetta “crema” non è da riferirsi a originaria differente tipologia della carta (bianca, colorata, vergata, etc.) bensì a reazione dei componenti strutturali della stessa con il collante. Difatti la carta filigranata (2), utilizzata per i francobolli emessi nel 1858, fu prodotta a mano, porosa e bianca così da far risaltare la stampa del valore e degli emblemi da riprodurre (3). Nel tempo, per le diverse forniture, si ebbero modifiche soprattutto nell’impasto così da prodursi, tra l’altro, differenti spessori.
In una parte delle prime tirature ci si accorse che la porosità della carta e le componenti del collante (colla di pesce, gomma e mastice inglese), combinandosi, producevano ingiallimenti influendo negativamente sulla stampa con perdita di nitidezza (4).
Il problema fu risolto con l’applicazione, innanzi la gommatura, di colla d’amido al fine d’ “isolare” la carta evitando il contatto diretto con la colla. In seguito, si migliorò la composizione del collante così da ottenere una stampa ottimale anche in termini di nitidezza del disegno anche senza l’applicazione preliminare della colla d’amido. Difatti, il colore giallastro e la stampa del francobollo poco nitida sono tra le caratteristiche principali per riconoscere la “carta crema”.
Certo, dunque, che la “carta crema” abbia origine “naturale” e non dovuta, come alcune volte mi è capitato di leggere, a cattiva conservazione o ad altra alterazione prodottasi nel tempo per cui, condividendo le parole del Diena, “dovrebbe riservarsi un posto in ogni collezione specializzata” (5)
- VACCARI: “Francobolli e storia postale – Trattato storico e catalogo con valutazioni”, XIV edizione
- Produzione di Bonaventura Tajani e Francescantonio Fusco (fideiussore del Tajani), entrambi di Vietri (sul Mare).
- Approvato il 14 Novembre del 1857 per una durata di 7 anni, il contratto di fornitura prevedeva due mesi per soddisfare le richieste (non oltre le 100 risme di 500 fogli ciascuna) che sarebbero pervenute al Tajani dall’amministrazione postale secondo esigenza.
- Lettera del Marzo del 1858 dal Ministero per gli Affari di Sicilia al Luogotenente Generale in Sicilia che definiva il collante come “ordinario” in quanto di poca purezza delle componenti (colla di pesce, gomma e mastice inglese) e con proporzioni non costanti.
- E. Diena, I francobolli del Regno di Napoli ed i due provvisori da mezzo tornese del 1860 (1932). Ed. Società anonima stampa filatelica italiana.
Sei un grande esperto. Complimenti.
Lucia, grazie di cuore per i complimenti.
Complimenti per le informazioni che ci fornisce
Ringrazio per il gradito apprezzamento.